sabato 27 settembre 2014

Siamo rimasti orfani di Orfani, e piangiamo

Di Orfani, serie Bonelli mensile iniziata lo scorso ottobre e appena conclusa, creata da Roberto Recchioni ed Emiliano Mammucari, si parla, nei meandri dell'Internet, da parecchio tempo, praticamente da quando è cominciata. Primo, perché è la prima serie Bonelli interamente a colori. Secondo, perché, che lo si accetti o meno, rappresenta un punto di svolta nella casa editrice milanese.


Se io dico Bonelli, i lettori un minimo appassionati di fumetti penseranno a Tex. Altri, magari, a Zagor o Dylan Dog. Poi Martin Mystère, Nathan Never, e così via, fino alle produzioni più recenti come Lucas.
Cosa accomuna i personaggi bonelliani classici? Beh, prima di tutto sono protagonisti di storie a trama verticale, ovvero strutturata secondo una serie infinita di episodi autoconclusivi. Orfani, invece è strutturato in serie da 12 albi ciascuna, in cui viene raccontata una sola storia.
Ma la cosa che accomuna Tex, Dylan Dog e la maggior parte degli eroi della Bonelli è che, appunto, sono eroi. I classici eroi "senza macchia" (sulla paura, guardo Dylan Dog e mi vengono dei dubbi), iconici e carismatici, certo, ma, fatta eccezione per Dylan, poco umani. Sono eroi, sono i buoni, punto, e le loro storie sono pensate per enfatizzare questo concetto: storie aggrappate a schemi narrativi che stanno inevitabilmente diventando obsoleti.


I protagonisti di Orfani, invece, sono umani al 100% (anzi, al 150%, dato che hanno subito potenziamenti fisici) e la loro moralità è dubbia per tutta la storia. Boyscout, Angelo, Pistolero, Mocciosa ed Eremita creano una combriccola di cui ognuno può far parte, riconoscendosi in uno dei protagonisti. I loro tratti più profondi, le loro paure, le loro insicurezze e le loro speranze, a cui dà voce la sceneggiatura di Roberto Recchioni, emergono in ogni albo e sollevano questioni che vanno ben oltre il discutere quale migliore strategia militare adottare.


Perché Orfani parla di guerra, sì. Una guerra della Terra contro una specie aliena misteriosa, ma anche la guerra della Terra contro se stessa. La guerra degli Orfani, la guerra delle ideologie. Non aggiungo altro per evitare spoiler, ma la vera direzione che Recchioni voleva dare alla trama del suo lavoro si intende solo dopo un certo numero di albi. Prima di quel limite, Orfani è "solamente" la vicenda di cinque tra i supersoldati più fracassoni del fumetto italiano. La passione dello sceneggiatore per Michael Bay e le frasi a effetto si sente e, francamente, a me piace. 

È o non è la copertina più bella che abbiate mai visto?
Soldati che entrano subito nelle simpatie del lettore grazie ad una formula narrativa tanto semplice quanto vincente: ogni albo è diviso in due parti. La prima metà è un flashback dedicato all'addestramento dei giovani Orfani, la seconda è dedicata alle vicende della guerra in corso. I flashback aiutano a capire i comportamenti dei protagonisti e aiutano a spezzare il ritmo di quella che, altrimenti, sarebbe stata solo la storia di un gruppo di ragazzoni superdotati.


Ora, veniamo al punto focale. Orfani è rivoluzionario? 
La trama non è niente di particolarmente originale, è "solo" ben scritta. L'ambientazione non è visionaria. La vera rivoluzione di Orfani è quella apportata al fumetto italiano, da sempre ancorato a schemi narrativi visti e rivisti ed eroi (ne parlavamo prima) che, per quanto siano in grado di vendere ancora moltissime copie, stanno inevitabilmente invecchiando. Orfani è un prodotto leggero ma non per questo non merita attenzione, anzi. Se vogliamo che il fumetto italiano rinasca, la strada intrapresa da Orfani è un buon esempio. Volete un esempio concreto? Prendete l'albo 11 e andate a pagina 78. Pensate che state leggendo un albo Bonelli. 
Se questo è il nuovo percorso della casa editrice, se questo è il nuovo percorso che avrà Dylan Dog, beh, il futuro, almeno dal mio punto di vista, ci riserverà delle belle sorprese.

A proposito, oggi comincia la Fase 2 di Dylan. Vado a comprarmi l'albo.


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