La notizia è praticamente sulla bocca di tutti,
tanto che a questo punto non può neanche più essere considerata tale. No,
Silent Hills non s’ha da fare, né domani, né mai. Ma questo non è un sito di notizie, quindi non pretendiamo che voi veniate a sapere questa cosa proprio da noi. Per questo, il sottoscritto vorrebbe fare due considerazioni sui tragici eventi in oggetto, a mente fredda, dopo aver posato i forconi e le torce.
Diciamo che la cancellazione di Silent Hills, da
un lato, mi dà sollievo.
Perché, dopo aver provato la demo, non credo che
sarei mai stato in grado di giocare il prodotto finale: quando ti ritrovi, in
un videogioco, a procedere ad occhi chiusi, a volume basso, pur avendo già
visto qualche video di gameplay e nonostante la presenza, nella stessa stanza,
di due amici che, in teoria, sarebbero lì per smorzare la tensione, ma nella
pratica la moltiplicano per tre, capisci che forse, con gli horror, non vai
tanto d’accordo.
“ABBASSA IL VOLUME, PER DIO!”
Dall’altro lato (e diciamocelo, è un lato molto
più grande), è una notizia che mi distrugge.
Perché un progetto che unisce le menti di Kojima e
Del Toro e, soprattutto, che non porta il nome “Metal Gear” in copertina,
avrebbe rischiato di diventare una delle cose più fantastiliardiche di questa generazione,
e il solo P.T. poteva essere considerato più che rassicurante, sotto il punto
di vista delle aspettative. Si sarebbe raggiunta una nuova potenza narrativa
nel mondo dei videogiochi, quella di cui parlavo un bel po’ di post fa, che
magari avrebbe dato i natali a un nuovo standard nel campo della sceneggiatura
videoludica.
Non avrei troppo da disperarmi, però. La
cancellazione di Silent Hills rappresenta un ostacolo che non farà altro che
ritardare l’avvento di un futuro che, volenti o nolenti, dobbiamo prepararci ad
accogliere: la nascita del videogioco hollywoodiano. Un tipo di videogioco che
fa del motion capture lo standard della grafica dei personaggi, che coinvolge
grandi nomi (registi e attori) ma che, si spera, non si dimentichi di essere un
videogioco e che, pertanto, andrebbe giocato.
La petizione per far divenire realtà questo Silent
Hills è commovente, ma, dal mio punto di vista, serve solo come muro del pianto
su cui tutti quei giocatori che lo attendevano con ansia possano riversare i
loro piagnistei. Io per primo mi metto tra questi, sia chiaro, ma mi sembra
altrettanto chiaro che, finché Kojima resterà fuori dalla Konami (e, a quanto
pare, sembra deciso ad andarsene il più lontano possibile), un nuovo capitolo
di Silent Hill (ricordiamo, proprietà intellettuale di Konami) diretto da lui
sia impossibile.
Ciò non toglie, tuttavia, che Kojima e Del Toro possano
ritrovarsi, nella cameretta di uno di Del Toro, a porre le basi di un nuovo
gioco (horror o qualsiasi altro genere), che non abbia niente a che fare con
Silent Hills, da finanziare magari con l’aiuto del crowdfunding (anche se due
personalità come Hideo Kojima e Guillermo Del Toro non dovrebbero avere
problemi a trovare dei publisher), che prosegua il sodalizio tra questi due
stimati signori, il tutto mentre la signora Del Toro porta loro la merenda.
Ma se già la situazione con Silent Hills non è
delle più rosee, anche quella con Metal Gear Solid V mi suscita qualche
preoccupazione.
Ok, Kojima resterà nel team fino alla fine dello
sviluppo, ma è innegabile che un clima così pesante negli uffici di Konami non
possa far altro che nuocere al prodotto stesso. Speriamo che queste siano solo
le futili preoccupazioni di un insignificante giocatore, perché Phantom Pain è
uno dei giochi che attendo di più (e che non è stato rimandato) di quest’anno.
Ma solo il futuro saprà dirci cosa accadrà.
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