“Viaggiare con
stile” diceva Cole Mcgrath, protagonista dei primi due inFAMOUS, mentre imparava a solcare i cieli usando le proprie mani
come propulsori. Una frase che mi è rimasta impressa, perché a mio parere
descrive perfettamente cosa sia inFAMOUS:
al di là dello spostarsi tra i grattacieli con i superpoteri, è un viaggio
dallo stile ben distinguibile, fatto di scelte e conseguenze. Questa volta
Sucker Punch ci ha messo il doppio dello stile e ha creato un gioco più che
valido. Quanto alle scelte…
Ora, so bene che
inFAMOUS non è mai stato un gioco dal
grande impatto narrativo e soprattutto dalla trama particolarmente articolata e
plasmabile dalle scelte di chi preme i tasti del pad. Ma, in questo terzo
capitolo di una saga che, ripeto, è molto valida e meritevole d’attenzione, è
evidente che il vero obiettivo non sia dare al giocatore la libertà di essere
un eroe o un grandissimo stronzo: lo scopo di Second Son è far vedere gli effetti particellari.
Cosa che i
graphic designer hanno fatto maledettamente bene, c’è da dirlo: tra fumo, neon
e quegli altri due poteri che non voglio spoilerare, c’è di che far gioire le
retine. Ma non è solo visiva la bellezza di Second
Son: siamo di fronte ai poteri più belli e originali di tutta la serie, a
mani basse. Delsin Rowe, protagonista di questa breve avventura, ci dimostra
che si può fare un gran supereroe senza il fuoco, il ghiaccio o l’elettricità,
divertendosi più di prima.
Second
Son
perfeziona il gameplay dei predecessori, offrendo ben quattro poteri che
permettono di approcciare il combattimento in modi diversi (spacca tutto, mira
ai punti deboli, non farti vedere) amalgamati in un gameplay che funziona,
diverte, gratifica e infonde nel giocatore quel meraviglioso senso di
onnipotenza che si prova nel distruggere, da solo, un esercito di soldati
sparando del fottuto neon dalle mani. Il solito sistema di potenziamenti
permette di sviluppare poteri adatti al proprio orientamento karmico, dando un
maggiore senso alle scelte che di senso ne hanno poco (ma ci arriverò poi). Certo, un maggiore approfondimento degli attacchi in mischia avrebbe giovato.
Second
Son, inoltre, è forse il free roaming più breve a cui abbia mai giocato:
non più di quindici ore per completarlo al 100%, raddoppiate per rifare il
tutto con karma opposto: merito delle missioni secondarie che più che missioni
sono azioni da compiere per aumentare la propria influneza sui quartieri di
Seattle, a discapito di quella dei soldati nemici. Se siete fan dei giochi
infiniti questa cosa non vi piacerà: io personalmente, che sto iniziando ad
imparare cosa significhi avere meno tempo per giocare, l’ho apprezzata molto.
Quello che a
questo terzo inFAMOUS manca, e qui ci
ricolleghiamo all’inizio del post, sono delle conseguenze. Se scelgo di salvare la famiglia Wayne da una rapina
all’uscita da un teatro, per lo meno mi aspetto un futuro senza Batman. In Second Son, che tu scelga di aiutare i
boyscout a vendere biscotti o di rubare le caramelle ai bambini, alla storia
non può fregar di meno: va avanti spedita per la sua strada fino alla fine.
Nessuno (a parte i soliti passanti generici) si ferma un secondo a dirti “Bravo,
ti stai comportando bene” o “Pezzo di merda, vieni qui un attimo che ti arriva
un cartone che ti fa tornare nell’utero della mamma”. I personaggi secondari ti
amano o ti odiano qualsiasi cosa tu faccia, mentre ricordo che in inFAMOUS 2 una condotta positiva
piuttosto che negativa portava ad avere una partner dai poteri di ghiaccio
piuttosto che una dai poteri del fuoco. Le scelte morali sono riuscite solo per
metà, perché inFAMOUS – Second Son commette l’errore di basarsi
su una trama piattissima, banale e animata da un protagonista che, a parte le
battutine, non ha molto da dire.
Una mia
personalissima opinione: mi piacerebbe un sacco che Sucker Punch “sporcasse” un
bel po’ la trama dei suoi inFAMOUS,
rendendoli simili a degli episodi di Misfits,
serie che vince il Tivo Award nella categoria “Migliore storia di ragazzi con
superpoteri” (ma solo per le prime tre stagioni, poi insieme al cast hanno perso le idee). Perché Delsin Rowe è solo il cos player di un teppistello che
crede di essere cattivo perché porta un berretto e disegna sui muri.
Concludendo, inFAMOUS – Second Son è di certo il miglior capitolo della serie in termini di
gameplay. Il problema (bello grosso) è che gli sviluppatori hanno fatto delle
scelte che hanno snaturato il senso della serie. Ma tutto sommato, come mio
primo gioco della next-gen, non è stato affatto male.
VOTO: 7.5
Nessun commento:
Posta un commento