domenica 9 settembre 2012

L.A. Noire: buono, ma non abbastanza

In questi giorni ci sarebbero tante cose inerenti al mondo videoludico di cui vorrei parlare: il nuovo Metal Gear Solid, considerazioni sul nuovo DmC, To the Moon su Steam e in italiano...


Ma ieri notte, all'alba delle 2 e un quarto, in una delle ultime disperate sere d'estate, ho finito L.A. Noire e, come avevo detto, via di recensione.
Dunque, L.A. Noire è un esperimento veramente interessante e, soprattutto, originale. Un esperimento che si propone di prendere un disco e ficcarci dentro tanta più roba squisitamente anni 40 possibile, farcirla con una storia appassionante e un gameplay unico: il risultato è un'atmosfera perfettamente riuscita, dove si ha la sensazione che tutto sia al posto giusto e al momento giusto.
Insomma, sull'ambientazione niente da dire: eccelsa, la cura per i dettagli è la stessa che avevo molto apprezzato in Red Dead Redemption.

Poi c'è la tanto chiacchierata fisica facciale che, credetemi, non ci si rende conto finché non al si vede con i propri occhi: ed è inutile stare a tirare fuori i soliti discorsi del tipo "la grafica non è niente, il gioco è trama/gameplay" perché NO, la grafica è anch'essa importante (per quanto non fondamentale), e specialmente in questo gioco la grafica fa anche da spalla al gameplay, e il motivo lo vedremo dopo.

Ma veniamo al punto forte: le investigazioni. Le scelte degli sviluppatori sembrano convergere verso l'obiettivo di creare una simulazione di indagine fedele in tutto e per tutto alla realtà. 
Ecco che quindi per ogni caso ci si ritrova a visitare la scena del crimine, esaminare gli indizi...

C'è una vaga possibilità che sia l'arma del delitto.
... interrogare i sospetti...
Non sono stato io, te lo giuro
... ed eventualmente ricorrere ad altre maniere.



Tutto questo sapientemente mixato per tutti i 21 casi della storia (casi extra compresi, ricordo che ho giocato la Complete Edition).

Ed è qui, dannazione, che L.A. Noire mi cade dalla bicicletta, a un metro dal traguardo, facendosi rubare il podio.

Perché queste soluzioni di gameplay, originali quanto vuoi, mai viste quanto vuoi, caratterizzanti quanto vuoi, funzionano, certo, ma fino a un certo punto. C'è un momento in particolare, dalla promozione alla sezione Omicidi in poi (esclusi i casi finale che, devo dire, un po' hanno risollevato il morale del gioco), in cui comincia a venirti il latte alle ginocchia, perché realizzi che il gioco andrà avanti così fino alla fine, sempre e solo così: qualche volta ci sarà un inseguimento, qualche altra volta dovrai pedinare un sospetto, ma alla fin fine ormai hai visto tutto. Ed ecco che cominci a romperti di perdere ore a ispezionare ogni bottiglia vuota che trovi sulla scena del crimine, cominci a romperti degli interrogatori che se li sbagli allungano il caso decisamente troppo fino ad un epilogo indecoroso, con tanto di cazziatone dal capo.
Ma specialmente, DIO MIO,

"Guida tu, devo rivedere gli appunti sul caso"

Cominci a romperti ampiamente i coglioni di guidare per la città passando da un luogo all'altro, facendo attenzione a non fare danni per non avere una cattiva valutazione finale, macinando chilometri e chilometri che hanno il solo risultato di allungare il brodo inutilmente. Grazie a Dio è possibile saltare i viaggi.
Che poi, mi chiedo: la riproduzione di Los Angeles di L.A. Noire vanta un'estensione davvero ampia, quasi quanto una vera città. Dunque... è davvero necessario un mondo di gioco così grande? Cosa mi offre un mondo di gioco enorme rispetto ad uno più piccolo, se non dei viaggi di maggiore durata da una meta all'altra? Se non posso andare in giro a far casino come in GTA ma voglio solo seguire la trama, cosa me ne faccio di ettari ed ettari di città in cui guidare? All'alba dell'ultimo caso ho scoperto l'esistenza di 50 rulli di pellicola da trovare per tutta la città: un ironico e spontaneo LOL è rimbombato per tutta la casa.

Comunque, il problema di L.A. Noire è, fondamentalmente, il fatto che si accontenta del suo bel gameplay e te lo rifila per tutto il gioco. Fortunatamente la SH produttrice è la Rockstar, e quindi...

Quindi anche qui troviamo la "solita" trama azzeccatissima, personaggi uno migliore dell'altro, i buoni sono davvero buoni e i cattivi sono proprio degli stronzi e questa è una cosa insolita per me, che di solito finisco per fare il tifo per i cattivi.
La trama, insomma, è una trama tipicamente Rockstar: indimenticabile.

CONSIDERAZIONI SPOILEROSE SUL FINALE
Perché sì, del finale bisogna parlarne, nel frattempo occupo ancora qualche riga per dare il tempo a chi il gioco non l'ha ancora finito di rendersi conto dell'enorme scritta rossa qui sopra. 

Fatto? OK, partiamo.

Scelta inaspettata quella di far controllare al giocatore il buon Jack Kelso per alcuni degli ultimi casi: inaspettata ma efficace, perché è decisamente servita a movimentare un po' la situazione. Un po' fuori tono, però, il fatto di renderlo addirittura protagonista dell'ultima fase di gioco, tanto che ci si comincia a chiedere se il protagonista non dovesse essere lui...
Ma poi il gioco finisce, e le domande trovano risposta: NO, il protagonista è Cole Phelps, l'uomo che tutto sommato ancora credeva in quello che faceva, ancora voleva riscattarsi dal suo passato da testa di minchia: insomma, l'unico onesto in un mare di corrotti. Anche se quella storia che mettesse le corna alla moglie deve ancora andarmi giù.
Ed è dunque così che Phelps, unico giusto in un mare di corrotti, esce di scena: in un niente, un'onda e via, funerale. Ed è qui che L.A. Noire tira fuori tutta la sua crudeltà: il funerale di Cole Phelps è il trionfo della falsità e della corruzione. Se Cole si fosse fatto gli affari propri forse sarebbe ancora vivo, avrebbe una carriera dignitosa e un mucchio di soldi. Ma no, lui voleva combattere la corruzione, e non lo faceva perché gli andava, perché era giusto farlo: lo faceva per sé stesso, per la sua redenzione. E così ha rimediato una morte indegna.
È un finale che fa pensare a quanto sia facile farsi gli affari propri e guardare dall'altra parte e quanto sia difficile alzarsi e prendere a pesci in faccia chi se ne approfitta. Ma in fondo i grandi uomini del passato, quelli che hanno cambiato il mondo, sono stati un po' dei Cole Phelps. 
Cambiare il mondo richiede grandi sacrifici.

FINE DELLE CONSIDERAZIONI

Fine delle robe spoilerose, passiamo al verdetto:
In sostanza, L.A. Noire è un buon titolo, che parte benissimo, si stanca nel bel mezzo della gara e raggiunge il traguardo con uno sprint finale, ma in ritardo. Peccato, se gli sviluppatori avessero osato un po' di più ne sarebbe uscito qualcosa di memorabile.

VOTO: 8.6

PER LA SERIE "IL PERSONAGGIO PIU' COOL"
Quel personaggio, insomma, che merita un oscar, quello per cui ho tifato...
Non lo so. 

Cioè, sono fortemente indeciso tra questi due.


Ora Deus Ex. Ma anche Xenoblade, che mi aspetta da qualche settimana ormai. Ma anche Psychonauts, che ieri ho trovato usato a cinque euro, era una vita che lo cercavo.
Muoio.





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