lunedì 14 luglio 2014

Due parole su Steve Jobs. Il libro, il film, la Apple

Negli ultimi mesi (sì, mesi, sono lento) ho avuto modo di leggere la biografia di Steve Jobs, scritta da Walter Isaacson attraverso numerose interviste, sia al co-fondatore della Apple, sia alle persone più importanti della sua vita. E ho avuto modo di constatare due cose: primo, che se avessi sentito parlare di lui prima che morisse, il giorno della sua morte avrei pianto come un bambino. Secondo, che il 90% di chi denigra i dispositivi Apple a favore di altri non sa di cosa sta parlando



Partiamo dal libro. Quello che ci offre Isaacson sono circa 600 pagine di storie di idee geniali, strategie di marketing, riunioni, passeggiate, presentazioni, ma soprattutto momenti di furia di Jobs.
Perché lo storico CEO Apple, per tutta la sua vita, nonostante si dedicasse alla meditazione zen, non è mai stato in pace. Il suo animo, perennemente inquieto e teso verso il nuovo, verso la perfezione, verso la ricerca della completezza, è alla base dei suoi prodotti (perché non si può parlare di Steve Jobs senza parlare dei suoi prodotti). E il racconto di Isaacson è talmente vero, talmente accurato, talmente umano che è bellissimo rendermi conto che ora, quando guardo il mio iPhone, ci vedo una storia, ci vedo il riassunto delle ideologie del suo creatore, i momenti belli e brutti che ha passato, le fasi dello sviluppo, la santa pazienza di tutti i suoi collaboratori.


E non si può non rimanere affascinati da una personalità come quella che ci viene descritta, nel bene e (soprattutto) nel male. Un racconto che parla attraverso i fatti, senza troppi giri di parole.
Era un genio dell'informatica? No, decisamente no. Ne sapeva qualcosa, certo, ma le sue intuizioni principali fanno parte del mondo del marketing e del design. E, per assurdo, si può dire che, in un certo senso, la sua latente conoscenza dell'informatica ha segnato proprio il successo "ingegneristico" dei prodotti. Se Steve non si fosse messo a urlare e battere i piedi per avere un computer che non facesse rumore, il Mac molto probabilmente oggi avrebbe una ventola.


E il film? Jobs (2012) è un film che ho apprezzato molto, che rende bene il personaggio ma che non ha il tempo di raccontare tutto. Godibile, anche commovente per gli appassionati, ma a tratti anche difficile da seguire. Ashton Kutcher interpreta bene Jobs ma, a mio parere, senza capirlo fino in fondo. E ci mancherebbe, dato che nemmeno lui ha mai capito totalmente se stesso.


Sono un fanboy Apple?
Se vi piace pensarlo, va bene, sono un fanboy Apple. Ma criticare un iPhone o un iPad per la chiusura dei sistemi, per il vincolo obbligato ad iTunes... sono tutte critiche che non hanno senso di esistere. Se Jobs ha deciso di non aprire i suoi sistemi non è perché non ne fosse capace, o perché non ci avesse pensato.
Tutti i prodotti Apple fanno parte di una visione della tecnologia che può essere condivisibile o meno: quella del sistema chiuso. Non posso scrivere applicazioni in totale libertà per il mio iPhone: questo perché al target di utenti dell'iPhone non interessa fare questo. Non si può criticare un sistema dichiarato come chiuso perché non è aperto. Se sentite il bisogno di fare cose che con un iPhone o un Mac non potete fare, comprate altro, è inutile battere i piedi per terra, perché non è intenzione della Apple cambiare le cose.
Ma se cercate semplicemente uno strumento che vi permetta di fruire nel modo più semplice e intuitivo possibile di foto, musica, video e tutti gli altri tipi di contenuti, uno strumento che sia anche bello, che racconti la passione di un team di ingegneri e designer, ma anche uno strumento che sia proteso sempre e comunque verso l'innovazione, un uomo dalla poca pazienza di nome Steve Jobs riuscirà ad arrivare "al vostro cuore".
Come ha sempre voluto fare, del resto.

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