giovedì 8 maggio 2014

Gomorra, la serie: come è stata? [NO SPOILER]

Ma certo che ho visto le prime due puntate di Gomorra - La serie martedì sera, su Scài Atltantic. L'erede di Romanzo Criminale, nuovi attori ma stesso regista, nata dal libro di Roberto Saviano. Quando penso a come descriverla, mi vengono in mente due parole: la prima è agghiacciante. La seconda, invece, è guagliò.




Agghiacciante, si è detto poco fa, però attenzione, perché agghiacciante sì, ma in senso "buono" (per quanto ci sia di buono in ciò che accade nelle scene della serie). Perché quella mostrata da Gomorra (prima nel libro e poi nel film e ora nella serie) è la dura, durissima verità. Un minimo romanzata, certo, ma si tratta di scene che, a Napoli, accadono davvero. 
È sempre un po', passatemi il termine, scomodo parlare di queste cose, si infiammano gli animi, ci si offende, si passa per quello che generalizza e dice "Lì è tutto così". Io mi limito a giudicare quello che vedo, e quello che vedo è talmente, ripeto, agghiacciante che vorrei non crederci. Ma è così, e il merito degli attori, del regista, dello stesso Saviano è solo quello di metterci la faccia e dire "Ehi, sveglia, cambiamo le cose".
Da qui si  capisce che l'intento di Gomorra è totalmente diverso da quello di Romanzo Criminale: niente musiche strappalacrime, niente personaggi con soprannomi tosti à la Freddo, solo delle persone normali che si ritrovano a fare una vita (e qui mi ripeto, perché non c'è parola più adatta) agghiacciante. Le due serie non sono una migliore dell'altra (Gomorra è appena iniziata, per carità, andiamo con calma): sono tra loro molto diverse.

C'è qualcosa, nel boss dei Savastano, che mi ricorda terribilmente Gustavo Fring da Breaking Bad. Sarà l'aspetto da buon'uomo, saranno gli occhiali, boh.
La seconda parola, dopo agghiacciante, era guagliò. Perché Gomorra è una serie ambientata a Napoli, e a Napoli non ci si esprime in dialetto fiorentino. Gli stessi titoli di testa ricordano la possibilità di attivare i sottotitoli in italiano, perché il dialetto, per alcuni personaggi, raggiunge, alle mie orecchie nordiche, un tasso di incomprensibilità che al confronto il romanesco di Romanzo Criminale era un libro per bambini. Questo, devo dire, estrania un po': dover mettere i sottotitoli perché non riesco a capire quella che, alla fine, è la mia lingua. Ma dopotutto Gomorra è indirizzata sì a me spettatore del nord così come a quelli di tutta Italia, ma soprattutto a quelli di Napoli. È giusto che sia così, oltre che per la fedeltà al mondo reale.


E non spenderò le solite parole parlando di quanto siano eccellenti la regia, la fotografia e, of course, la recitazione, di quanto gli attori portino un po' d'aria fresca alla scena italiana, popolata dalle solite facce note, di quanto la storia, nonostante la crudezza, si preannunci appassionante e con tutta l'intenzione di decollare verso vette altissime. Siamo di fronte al nuovo Romanzo Criminale, solo che questa storia, di romanzo, ha ben poco.

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