È da un paio di settimane ormai che Don't Starve è nel mio PC, nella mia lista di Steam. Ci sono volute parecchie ore di gioco per giungere ad una conclusione, perché Don't Starve ha bisogno di tempo per essere capito. E ho capito che è una delle migliori esperienze che il mercato indie può offrire.
Sia chiaro, Don't Starve è un'ottima esperienza, a patto che amiate il genere survival puro, ovvero giochi in cui sopravvivere ha un'utilità fine a se stessa, senza una qualche trama o obiettivo secondario ad addolcire la pillola.
Questi mostri sono tenaci come pochi al mondo. |
E la pillola avrebbe davvero bisogno di essere addolcita, perché quello che si nasconde sotto la (bellissima) grafica fumettosa di Don't Starve è un mondo duro e spietato, che se non ti ingegni in fretta ti uccide in un giorno.
Ogni partita a Don't Starve comincia in questo modo: dopo che il gioco ha generato un mondo ogni volta diverso da quello precedente, ci risvegliamo in un punto totalmente a caso dello stesso, senza sapere cosa fare né dove andare. Si comincia raccogliendo tutto quello che si può: qualche rametto, dei fili d'erba, bacche, carote, sassi, se si è fortunati anche dell'oro, finché non si sente un certo segnale e una lampadina compare accanto all'icona "Tools": è il segnale che possiamo iniziare a costruire qualcosa. Apriamo il menu e fabbrichiamo la nostra prima ascia. Tutti contenti per il nostro nuovo giocattolo, andiamo ad abbattere qualche albero e, di conseguenza, a ricavare un po' di legna che ci servirà per passare la notte.
L'inizio di ogni partita. Ma chi è quell'uomo? |
Perché sì, di notte è dannatamente buio, e nel buio vagano delle bestie misteriose e, come insegna Pikmin, letali. Occorre quindi accendersi un fuoco e, ehi, quella legna appena ottenuta può farci comodo. L'importante è averne un po' anche per alimentare la fiamma. Visto che di notte non si può far molto e lo stomaco brontola, meglio mangiare quelle bacche, e magari le carote ce le teniamo per catturare qualche coniglio dopo aver costruito un'adeguata trappola.
Quest'immagine, 9 volte su 10, significa MORTE. |
È la mattina del secondo giorno: abbiamo resistito 24 ore (compresse in un quarto d'ora effettivo, ma vabbè) nel mondo di Don't Starve. Ora abbiamo ancora fame, siamo senza risorse e degli inquietanti mostri vogliono ucciderci.
Ne passerà di acqua sotto i ponti prima di costruire una cosa del genere... |
Ecco, quello che vi ho appena raccontato rappresenta il 5% di quello che si può fare in questo gioco. È incredibile come alla ormai decima partita ci si imbatta ancora in cose mai viste, in oggetti misteriosi di cui carpire i segreti, per imparare magari a diventare amico di maiali antropomorfi o a evocare qualche creatura pericolosa. Oppure, in materiali per costruire una casa, un frigorifero per conservare gli alimenti, o semplicemente dei vestiti nuovi. Tutto sempre facendo attenzione a non morire di fame: "Don't starve", appunto.
Come sopra, aggiungendo il fatto che bisogna anche ripararsi dal freddo. |
Quando, per disgrazia, si muore, si ricevono punti esperienza in proporzione al numero di giorni di sopravvivenza, punti che servono a sbloccare nuovi personaggi, ognuno con delle particolari debolezze e punti di forza. Ovvio che morire dopo essere sopravvissuti 50 giorni e aver costruito un impero può essere spiazzante e può demotivare a iniziare un'altra partita, ma del resto è il rischio di questo genere. Ma credo che anche 50 giorni filati di sopravvivenza non bastino a scoprire tutti i segreti di Don't Starve, gioco ricchissimo e dalle meccaniche profonde che premia la dedizione ed è pure, tra l'altro, in costante aggiornamento da parte degli sviluppatori e da parte degli utenti, con le loro mod.
Insomma, una perla.
Ah, nel frattempo mi sto dedicando anche ad un altro gioco, completato finora al 60%. Un gioco che ha fatto tanto parlare di sé, nell'ultimo anno, presto su questo blog.
BEST GAME EVER. No, sul serio.
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