Se
esiste qualcosa in grado di irritarmi, questo qualcosa sono i semini
degli acini d'uva: il frutto in sè è squisito, succoso, ma
addentando il famigerato semino la rabbia e lo sconforto prendono il
sopravvento sulla gioia e sull'entusiasmo. Fu mangiando il mio primo
grappolo d'uva che capii come il Male si annidi ovunque, soprattutto
in ciò che sembra Bene, pronto ad ingannarci e a deluderci.
Ordunque, da quel giorno i semini dell'uva mi terrorizzano. O
meglio, mi terrorizza ciò che essi rappresentano. Voi avreste mai
paura di un semino? No, certo. Effettivamente non è esso la causa
del mio malessere, quanto il concetto di semino in sè: se esso è
presente nell'uva, perchè non dovrebbe essere anche dentro di me? Fu
così che decisi di partire per un viaggio alla ricerca di me stesso,
alla ricerca del mio semino.
Quale
meta scegliere per l'inizio del mio pellegrinaggio? Optai per la
Cambogia, celeberrima per le sue atmosfere oniriche e i suoi luoghi
ricchi di bellissimi fiori e rigogliosa vegetazione, capaci di
immergerti totalmente nello stato d'animo più consono
all'interiorizzazione delle paure e all'introspezione del tuo io,
anche perchè a volte piovono scoiattoli. Mi recai immediatamente su
un'altura per ammirare il panorama, ma il panorama non c'era; in
compenso, il cielo era ricco di mio nonno. Ero sbigottito,
frastornato, non capivo come fosse possibile che mio nonno fosse
dappertutto nel cielo; cercai di non pensarci per non sprofondare
nella pazzia e mi incamminai di buon passo verso una piantagione di
albicocche. Pare che in Cambogia venga coltivata una particolare
varietà di albicocche: esse hanno la forma che ricorda molto quella
di una pera e pare che crescano non su alberi di albicocche ma di
pere; mentre proseguivo il mio cammino mi chiesi se effetttivamente
in Cambogia non si coltivassero pere che si fingono albicocche, ma la
visione di mio nonno dappertutto mi impediva di essere razionale e
non riuscii a venire a capo di questo mistero. Giunto che fui al
campo di albicocche, le albicocche non c'erano. La piantagione era
ricolma di ricordi e rimpianti di un uomo solo con se stesso, triste,
angosciato e allettato dal pensiero della morte, disinteressato alla
vita. Era sera ormai, e nemmeno le stelle poterono sopportare quel
concentrato di emozioni; assistevo a questo vortice raccapricciante
di negatività e non riuscivo a muovermi. Il cuore mi batteva
all'impazzata. Poi arrivò una tempesta di scoiattoli che cancellò
la tristezza e portò tanti limoni. L'esperienza della Cambogia mi
aveva profondamente cambiato, il mosaico della mia redenzione si era
arricchito di un nuovo tassello. Ora ero pronto per ripartire verso
una nuova meta, ma prima c'era una cosa che dovevo fare: tornai
sull'altura e fotografai mio nonno dappertutto.
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