Ladies, benvenuti a COMING OUT, la rubrica in cui
condivido con voi i miei più oscuri segreti, ovvero quelle opinioni per cui
potrei essere inseguito da una folla di contadini inferociti e armati di
forconi e fiaccole. Perché lo faccio? Perché ho un’anima hipster? Perché credo
di essere l’Eletto e di dover portare la Verità in ogni meandro dell’Internetz?
No, semplicemente perché non è che la possiamo pensare tutti allo stesso modo, e ogni tanto sento il bisogno di levarmi qualche sassolino dalla scarpa.
Prima di cominciare, un’altra precisazione: è
scontato (e trovo molto triste il doverlo specificare, nel 2014, ma questo è un
altro discorso che magari approfondirò prossimamente) che quanto state per
leggere è un’opinione personale. Se quanto leggete vi urta nei feels, beh… scusate, ma è un
problema vostro. Non obbligo nessuno ad essere d’accordo con me, e rispetto chi
non lo è. Mi aspetto che si faccia lo stesso nei miei confronti.
Tutto comincia nel 2004, in quarta elementare,
quando un mio amico che, per motivi di tutela alla privacy, chiameremo
Catoblepa, mi telefona e mi dice:
“Oh Ale, vieni da me subito, ho comprato un gioco
bellissimo per la play 2.”
“Cioè?”
“The SIMS”
“The Sims? Vuoi dire THE SIMPSONS?”
“No no! Non c’entrano niente, è un gioco che puoi
scegliere tutto: la casa, il tuo protagonista… Dai vieni, che io intanto
accendo.”
Riattacco abbastanza stranito e convinto, per
metà, che Catoblepa avesse comprato in realtà un gioco sui Simpson senza rendersene conto, perché
insomma, non ci si può mica fidare delle parole di Catoblepa, uno che si fa ingannare dall'analcolico moro (se non avete capito a cosa mi sto riferendo e avete voglia di ascoltare della buona musica, ecco qui). Incuriosito, esco e mi dirigo
verso casa sua.
Appena arrivato, trovo Catoblepa in pura estasi
mentre, sullo schermo del suo salotto, il suo avatar (Sim, nel gergo tennico) dorme sul divano.
“Ciao Ale! Guarda, io sto dormendo sul divano.”
“...non è vero, stai giocando alla play.”
“No no! Nel senso che nel gioco sto dormendo sul
divano!”
“…Wow. Ma perché?”
“Perché ero stanco!”
“… ah. Beh sì, ha senso.”
Per cinque minuti buoni, guardo perplesso il Sim di Catoblepa mentre dorme sul divano, mangia, fa conversazione con sua nonna,
mangia di nuovo perché in quei due minuti gli è tornata fame, guarda la TV.
Accanto a Catoblepa, suo fratello minore (quattro o cinque anni, non ricordo)
scopre in largo anticipo l’autoerotismo mentre guarda il fratellone selezionare
comandi. In quel momento avanzo la prima, piccola obiezione.
“Sì però, amico Catoblepa, a me non sembra che sia
molto divertente eh, tipo il gioco di wrestling è più bello, dai Catoblepa
mettiamo il gioco di wrestling che c’ho pure il mio joystick e facciamo il match
che puoi usare le sedie così dura di meno e ne facciamo di più, io faccio Bigsciò”.
Rumore di joystick di Catoblepa che cade a terra.
Il fratellino, ancora con la mano nei pantaloni, mi guarda con la bocca così spalancata
che riesco a vedere un maccherone ingoiato intero a pranzo che nuota tra i
succhi gastrici. Mentre Catoblepa inizia a sudare freddo, il fratellino trova
la forza di abbandonare la presa e dire:
“Dai, fagli vedere quella roba”.
In quel momento, Catoblepa sposta il cursore sul
water della sua casa digitale e seleziona “Fai bisogni”. Osservo con gli occhi
sgranati l’avatar che si dirige verso il bagno, mentre penso “No… non lo sta
per fare davvero”. E poi arriva quel momento. Quel momento in cui l’avatar
viene oscurato per tre quarti da una massa di pixel e si siede sul water.
Di fronte a questa manifestazione più pura e
spontanea di quello che era (ed è) il videogioco degli anni 2000, reagisco come
solo un bambino di otto anni reagisce di fronte a un uomo di poligoni che deposita escrementi di poligoni (invisibili) in un water di poligoni.
“AHAHAHAH FAGLIELO FARE ANCORA”
E così passiamo il pomeriggio a far andare di
corpo il Sim di Catoblepa, mentre le barre che indicano tutte le altre sue
necessità sono al massimo. Catoblepa-Sim è affamato, sporco, stanco, depresso
ma no, tu devi fare la cacca, e per il resto devi stare muto. Alla trentesima
volta, sono quasi sicuro di vedere un’espressione di sofferenza sul suo volto,
un’espressione che dice “Vi prego, pietà, mi avete tolto anche l'anima” e con delle emorroidi talmente grandi che ci può grattugiare il grana.
E così, complice questa innovativa feature dell’evacuazione
a comando, mi convinco che The Sims mi piace davvero. Ci vorranno tre anni per
destarmi dal coma.
Salto temporale. Siamo nel 2007, nel mezzo delle
medie. La mia libreria contiene, tra gli altri giochi, The Sims 2 per PS2 e The
Sims 2 Pets per Nintendo DS. Le medie sono quel periodo in cui la cacca
comincia a non far più così ridere, e lascia il posto ai doppi sensi e alle
battute sulle mamme. Il bisogno di… beh, fare i bisogni del Sim diventa, ai
miei occhi, solo uno dei tanti comandi da dare ai personaggi per renderli
felici.
Accendo la PS2, inserisco The Sims 2, creo il
personaggio e comincio a giocare.
Obiettivo: trova un lavoro. Perfetto. Telefono
> Usa > Cerca lavoro. Lavoro trovato: tutti i giorni dalle 6:00 alle
20:00. Porca puttana neanche i bambini che cucivano i palloni della Nike, ma vabbè.
“Ok” penso, “Sono le 22. Cosa posso fare fino alle 6, per occupare il tempo?”. Sposto lo sguardo in basso e noto che, mentre
telefonava, al mio Sim (che chiameremo d’ora in poi Franz) è venuta fame, sonno
e la depressione. Per prima cosa lo faccio mangiare (perché la barra della fame
è quella che si riempie più in fretta), poi lo faccio dormire. Quando si
risveglia, ha bisogno di espellere quello che ha mangiato dieci secondi prima.
Guardo l’orologio: cazzo sono già le 4, tra due ore devo andare a lavorare, e
non solo: nel frattempo gli è tornata fame. Devo scegliere tra mangiare,
cacca time e parlare con degli amici. Opto per la numero 2 (in tutti i sensi),
perché hai voglia a resistere quattordici ore al lavoro quando ti scappa. Finita la
seduta, apprendo che Franz è sporco, perché in un’ora di cagata non ha trovato
il tempo di farsi un bidè.
“E vabbè” penso, “Lo manderò al lavoro con la
fame, la puzza di mutande sporche e la voglia di uccidersi, rimedierò quando torna”.
Franz torna dal lavoro e, oltre ad avere acuito i
bisogni che aveva già, ora è pure stanco.
Avanti così per altri cinque giorni (virtuali),
finché non vengo licenziato per non essermi presentato al lavoro, dato che mi
ero addormentato in piedi mentre andavo a farmi un panino e a provarci con la vicina di casa ottantenne che entra in casa mia senza invito ad intervalli casuali, anche quando non sono in casa.
Spengo.
Mi asciugo la fronte dal sudore (e le guance dalle
lacrime) e inizio a pensare.
Ma Franz, fino adesso, cos’ha fatto? Ha dormito,
ha socializzato, si è lavato, ha mangiato, è andato di corpo… praticamente, ha
vissuto. Ha vissuto una vita di merda, aggiungerei. Cavolo, queste sono tutte
cose di cui devo già preoccuparmi nella realtà (anche se nella realtà non devo
aver paura di farmela nelle mutande subito dopo aver ingoiato l’ultimo boccone
di pasta)… perché devo preoccuparmene DUE VOLTE? Perché devo giocare ad un
videogioco in cui il mio avatar gioca a sua volta ad un videogioco, mentre io
semplicemente lo guardo divertirsi? Ma sono io o lui che deve giocare?
È questo quello che penso di The Sims: è come
vivere (male) un’altra vita “reale”. Non è per questo che videogioco. E poi non è
neanche divertente.
E sì, so benissimo che ci si diverte un sacco a
fare la piscina, fare entrare i Sim e togliere le scalette per farli annegare.
Almeno le prime cinque volte. E comunque non ho mai visto nessuno arrivarci
senza usare il codice dei soldi.
Che poi la creazione del personaggio è, al
contrario, molto divertente. Si possono scegliere un sacco di caratteristiche,
si creano quelle situazioni del tipo “Ah io mi faccio alto biondo e coraggioso,
quello strunzo di VanGigi invece lo faccio con la pelle viola”. E poi
costruirsi la casa è stimolante (purché si usi il trucco dei soldi, ovvio), è
bello improvvisarsi arredatori d’interni. Ma poi?
Poi dovrete correre dal cesso al letto alla doccia
al frigo al lavoro, senza trovare il tempo per divertirsi (non c’è MAI il tempo
per divertirsi) e il tutto non porterà a niente che non possiate già
sperimentare nella realtà. Perché nella realtà non dovrete trovare il tempo di studiare chimica tra una visita al bagno e una al frigorifero.
Vi risparmio il racconto dell’esperienza con The Sims 2 Pets, in
cui si doveva fare il veterinario. Basta dire che Franz, oltre ai suoi bisogni,
deve anche prendersi cura di tre bestie più o meno feroci contemporaneamente.
Chissà se Catoblepa si sta smandrippando con The
Sims 4.
Catoblepa, Catoblepa, io ti dono le mie Tepas…
Nessun commento:
Posta un commento