Il gioco degli insulti, il gioco delle lamentele, e cosa avete fatto a Dante, e lo avete trasformato in bimbominkia, e i capelli bianchi erano più fighi... poi, quando è uscito, TUTTI ZITTI.
Tutti zitti perché, alla fine (e sono orgoglioso di dire che lo vado dicendo da quando ho provato la demo), quel reboot di Devil May Cry che mostrava delle potenzialità si è dimostrato un gioco riuscito.
Ninja Theory non è la più osannata delle software house, soprattutto il suo lavoro con Metroid è stato molto controverso e ancora fatica a entrare nel cuore degli amanti della saga di Samus. Dopo Metroid è arrivato dunque il turno di Devil May Cry, saga dalla caratteristica tamarrezza giapponese, a base di musica cattiva, acconciature improbabili e acrobazie ancora più improbabili. Ma Ninja Theory è una SH occidentale e questo si è riflesso ovviamente nel gioco. Per questo Dante, passa dal look da cantante punk giapponese
a quello di bulletto alla moda frequentatore delle alte sfere milanesi, con volgarità e diti medi annessi.
Dite quello che volete, ma questo nuovo Dante col ciuffo alla moda, giacca scura e dal linguaggio poco pulito MI PIACE. Il punto è che se fosse il protagonista di un qualsiasi altro gioco farebbe pena, ma, calato in questo contesto, dove lui stesso finisce per essere uno tra i meno eccentrici e tamarri, si trova perfettamente a suo agio e costituisce quel personaggio a metà tra l'eroe e l'anti-eroe di cui il giocatore ha bisogno in un mondo del genere, tant'è che "stona" proprio quando gli autori tentano di dargli una profondità o una parvenza di "umanità".
Il mondo di DmC è quindi talmente ben caratterizzato che gli si perdona ogni assurdità che ci propone (il terzo boss ad esempio è il trionfo del non-sense). In un mondo così, il protagonista non poteva essere diverso e il vecchio Dante, molto più "fighetto" e altezzoso, si sarebbe trovato male. È un mondo onirico che non punta a trasmettere nessun messaggio particolare, ma solo a divertire, e ci riesce benissimo.
Un mondo ben caratterizzato in cui affrontare la prossima orda di nemici: tanti, diversificati, ognuno con le sue mosse e la strategia migliore da adottare per farlo fuori con stile.
Perché lo scopo di un qualunque DMC, e questo chi segue la serie lo sa, non è fare strage di demoni, ma farlo nel modo più cool possibile. E questo significa dover inanellare combo sempre più varie, utilizzando tutto il (vasto) arsenale di armi a nostra disposizione in tutte le combinazioni possibili. Combinazioni che, giocando, si scoprono sempre più numerose e spettacolari.
Perché il vero fiore all'occhiello di questo DmC è proprio il sistema di combattimento: fluido come pochi, versatile, non troppo complicato da padroneggiare, ma soprattutto molto più permissivo di quelli dei giochi precedenti. Qui, ad esempio, non è necessario scegliere, tra una missione e l'altra, quali armi portarsi dietro e quali lasciare a casa: il nuovo Dante se le porta dietro tutte e passare da una all'altra è questione di un attimo.
Non c'è una sola arma che sappia di riempitivo messo lì solo per far numero (toh, forse il fucile a pompa, ma forse sono io che non ho imparato a sfruttarlo) e ognuna di esse permette un buon numero di combo che fanno schizzare il punteggio alle stelle, fino alle tanto agognate SSS.
Ne risulta un gameplay più semplificato rispetto a quello più macchinoso dei capitoli per PS2, ma i veterani in circa di sfida possono comunque tentare di guadagnarsi le loro triple S nelle modalità Dante Deve Morire o Inferno e Inferno. Insomma, chi cerca la sfida la può trovare, a patto però di completare il gioco un paio di volte a una modalità più semplice.
Va segnalata purtroppo una leggera carenza nel modus operandi dei boss, decifrabile in poco tempo rendendo quindi più facili i combattimenti. Per fortuna, aumentando la difficoltà aumentando anche le mosse a loro disposizione, ma chi si ferma alla modalità Nefilim può rimanere deluso.
Io sicuramente sono rimasto deluso da un'altra cosa: nella seconda boss battle, il sottofondo è chiaramente dubstep. Ciò mi ha fatto pensare che sarebbe stato così per buona parte del gioco. Invece no. Io volevo più dubstep, cazzo.
VOTO: 9,5
Ninja Theory non è la più osannata delle software house, soprattutto il suo lavoro con Metroid è stato molto controverso e ancora fatica a entrare nel cuore degli amanti della saga di Samus. Dopo Metroid è arrivato dunque il turno di Devil May Cry, saga dalla caratteristica tamarrezza giapponese, a base di musica cattiva, acconciature improbabili e acrobazie ancora più improbabili. Ma Ninja Theory è una SH occidentale e questo si è riflesso ovviamente nel gioco. Per questo Dante, passa dal look da cantante punk giapponese
a quello di bulletto alla moda frequentatore delle alte sfere milanesi, con volgarità e diti medi annessi.
Dite quello che volete, ma questo nuovo Dante col ciuffo alla moda, giacca scura e dal linguaggio poco pulito MI PIACE. Il punto è che se fosse il protagonista di un qualsiasi altro gioco farebbe pena, ma, calato in questo contesto, dove lui stesso finisce per essere uno tra i meno eccentrici e tamarri, si trova perfettamente a suo agio e costituisce quel personaggio a metà tra l'eroe e l'anti-eroe di cui il giocatore ha bisogno in un mondo del genere, tant'è che "stona" proprio quando gli autori tentano di dargli una profondità o una parvenza di "umanità".
Il personaggio di Kat è l'unico veramente "serio" nel gioco e questo costituisce un buon elemento di equilibrio con... tutto il resto. Peccato non sia stata approfondita di più. |
Il mondo di DmC è quindi talmente ben caratterizzato che gli si perdona ogni assurdità che ci propone (il terzo boss ad esempio è il trionfo del non-sense). In un mondo così, il protagonista non poteva essere diverso e il vecchio Dante, molto più "fighetto" e altezzoso, si sarebbe trovato male. È un mondo onirico che non punta a trasmettere nessun messaggio particolare, ma solo a divertire, e ci riesce benissimo.
Un mondo ben caratterizzato in cui affrontare la prossima orda di nemici: tanti, diversificati, ognuno con le sue mosse e la strategia migliore da adottare per farlo fuori con stile.
Perché lo scopo di un qualunque DMC, e questo chi segue la serie lo sa, non è fare strage di demoni, ma farlo nel modo più cool possibile. E questo significa dover inanellare combo sempre più varie, utilizzando tutto il (vasto) arsenale di armi a nostra disposizione in tutte le combinazioni possibili. Combinazioni che, giocando, si scoprono sempre più numerose e spettacolari.
Perché il vero fiore all'occhiello di questo DmC è proprio il sistema di combattimento: fluido come pochi, versatile, non troppo complicato da padroneggiare, ma soprattutto molto più permissivo di quelli dei giochi precedenti. Qui, ad esempio, non è necessario scegliere, tra una missione e l'altra, quali armi portarsi dietro e quali lasciare a casa: il nuovo Dante se le porta dietro tutte e passare da una all'altra è questione di un attimo.
Non c'è una sola arma che sappia di riempitivo messo lì solo per far numero (toh, forse il fucile a pompa, ma forse sono io che non ho imparato a sfruttarlo) e ognuna di esse permette un buon numero di combo che fanno schizzare il punteggio alle stelle, fino alle tanto agognate SSS.
Ne risulta un gameplay più semplificato rispetto a quello più macchinoso dei capitoli per PS2, ma i veterani in circa di sfida possono comunque tentare di guadagnarsi le loro triple S nelle modalità Dante Deve Morire o Inferno e Inferno. Insomma, chi cerca la sfida la può trovare, a patto però di completare il gioco un paio di volte a una modalità più semplice.
Va segnalata purtroppo una leggera carenza nel modus operandi dei boss, decifrabile in poco tempo rendendo quindi più facili i combattimenti. Per fortuna, aumentando la difficoltà aumentando anche le mosse a loro disposizione, ma chi si ferma alla modalità Nefilim può rimanere deluso.
Io sicuramente sono rimasto deluso da un'altra cosa: nella seconda boss battle, il sottofondo è chiaramente dubstep. Ciò mi ha fatto pensare che sarebbe stato così per buona parte del gioco. Invece no. Io volevo più dubstep, cazzo.
VOTO: 9,5
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